Un passo indietro prima della partenza. Al tuo ritorno a Mantova dopo l’esperienza a Verona che situazione hai trovato?
Negli ultimi 25 anni ho avuto modo di conoscere a fondo l’ambiente del Rugby Mantova, avendo quasi passato più tempo al Migliaretto che a casa mia. Devo confessare che, quando sono tornato dopo una intera stagione di assenza, ho trovato molte novità e alcune situazioni che hanno richiesto uno sforzo particolare.
Società rinnovata al vertice, esigenze di bilancio da rispettare, una retrocessione amara da metabolizzare. Come vi siete mossi per riorganizzare struttura e obiettivi?
Per prima cosa abbiamo pensato a dare alla squadra una solida guida tecnica. Abbiamo scelto di affidare l’incarico a Giovanni Ghelfi, tecnico di qualità che conosceva già giocatori e ambiente. Assieme a Giovanni abbiamo individuato obiettivi e staff compatibili con il lavoro da impostare e quindi coinvolto i vari allenatori e collaboratori nel progetto. Con Marco Evoldi abbiamo poi varato il progetto propaganda, coinvolgendo Francesca Moretti per le elementari, lo stesso Evoldi per le medie, il sottoscritto alle superiori, Giovanni Artoni assieme a Ghelfi per il progetto speciale di Lunetta e Fabio Aldini insieme con Evoldi per i centri estivi. Insomma fra incontrare giocatori, dirigenti, consiglio direttivo, allenatori, collaboratori, contattare gli altri club per amichevoli e altro, l’estate è praticamente volata. Gli obiettivi che ci siamo posti sono stati quelli di incrementare il bacino dei giocatori con speciale attenzione al minirugby, la crescita dei tecnici e la formazione dei giocatori per la prima squadra e l’impostazione di un gioco dinamico. Per quanto riguarda la rosa, abbiamo scelto come tratto comune lo spirito, cercando di mettere a disposizione dello staff tecnico giocatori con voglia incondizionata di stare nel club e con fame di crescere e di apprendere.
Dopo la tua partenza per il Brasile come hai continuato a rimanere vicino al Rugby Mantova?
Nonostante la non mia più verde età ho un buon feeling con la tecnologia. Mi sento a scadenze regolari via email con Francesco Celin, che stila per me report su tutte le squadre del club, e quasi quotidianamente, attraverso Skype, con lo stesso Ghelfi con cui ci confrontiamo e aggiorniamo sulla situazione. Chiaramente essere lontani ha i notevoli svantaggi. Di buono c’è tuttavia che posso offrire agli addetti ai lavori una prospettiva più serena e meno legata alle contingenze della domenica e della settimana.
Tra giovanili e prima squadra come reputi fino a ora la stagione delle squadre virgiliane?
Premesso che risulta difficile ora dare un giudizio a stagione in corso e sopratutto non avendo più visto le squadre oramai da più di 3 mesi, direi che i risultati sono ancora alterni. Alle difficoltà delle squadre seniores, si contrappongono tuttavia i promettenti risultati delle squadre giovanili. Nel complesso ritengo che il lavoro impostato quest’anno possa garantire soddisfazioni nelle prossime due stagioni. Tutti i processi di cambiamento richiedono applicazione, disponibilità al sacrificio, un acceso spirito di gruppo e un tempo fisiologico per metabolizzare il tutto. I motivi di ottimismo sono dati dalla continua maturazione ed inserimento dei ragazzi giovani in prima squadra, dal recupero di vigore del settore femminile, dallo ottimo lavoro dei tecnici delle giovanili. In particolare l’Under 12 e l’Under 14 stanno costituendo una buona base per lo sviluppo delle prossime compagini giovanili. Ciò, unito al recupero di efficacia nel reclutamento e allo sviluppo degli importanti poli di Lunetta e Goito, dà fondati motivi per tornare a raccogliere soddisfazioni in prospettiva, dopo il normale periodo di assestamento costituito da questa stagione. Insomma ritengo che il lavoro e la passione di tutto lo staff coordinato da Ghelfi e da Evoldi stia costruendo solide fondamenta per il prossimo futuro.
Veniamo alla tua esperienza attuale. Cosa ti ha portato in Sudamerica?
La mia scelta è stata dettata nello specifico dalla curiosità di girare il Mondo e imparare nuove lingue. A ciò si è aggiunta l’idea di osservare da vicino un contesto rugbistico in evoluzione come quello del Brasile con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo di un club di rugby.
Obiettivo centrato. Di cosa ti stai occupando “rugbisticamente” in Brasile?
L’occasione che cercavo mi è capitata a Vitoria, bellissima città sul mare con clima ideale: d’inverno la temperatura rimane in media attorno ai 20 gradi. Il Vitoria Rugby Club è nato da soli 5 anni. La squadra maschile sta disputando il Campionato Fluminense di Serie B mentre la formazione femminile partecipando al Circuito Rugby Seven’s. Sto allenando entrambe le squadre e sto dando una mano allo sviluppo del settore tecnico. Inoltre sto aiutando il Club sotto il profilo manageriale. Al momento il Vitoria dispone di un campo soltanto per le partite e gli allenamenti si fanno di sera, in un parco dove spesso manca la luce…. Insomma, una realtà ben diversa da quella del Migliaretto.
A Rio 2016 il Rugby tornerà alle Olimpiadi. Rispetto ai soli quattro precedenti (1900, 1908, 1920, 1924) il CIO ha deciso di optare per la versione a sette di questo sport. Quali sono le motivazioni?
Il rugby, soprattutto a livello internazionale, è uno sport molto intenso sotto il piano fisico. Scegliendo la versione a 15, rispettando i necessari tempi di recupero, la durata del torneo avrebbe superato i 45 giorni. Considerando poi che nel 2015, l’anno prima delle Olimpiadi, si giocherà la Coppa del Mondo in Inghilterra, la scelta di puntare sul Rugby a Sette era l’unica percorribile per riportare il questo sport alle Olimpiadi.
Brasile paese in crescita anche sotto il profilo sportivo. Come sta progredendo lo sviluppo del movimento verdeoro?
Il rugby è bene sviluppato soprattutto a Sao Paolo mentre nel resto del paese sono ancora molto indietro. Per farsi un’idea basta considerare le condizioni in cui accennavo si devono allenare i giocatori del Vitoria. In Brasile il rugby, sotto il profilo della propaganda, fa poca presa sui giovani: una situazione che limita lo sviluppo e in prospettiva le performance della Seleçao Verdeoro. Al momento in molte parti del paese si gioca a rugby esclusivamente a livello seniores e inteso più come svago che come disciplina agonistica. Le potenzialità atletiche e umane del brasile sono tuttavia notevoli. Molto interessante per risultati e in piena evoluzione è invece il settore femminile.
Nella nazionale brasiliana che parteciperà alle olimpiadi potrebbe esserci un pezzo di rugby Mantova: Martin Schaefer, trequarti che ha giocato a nella squadra virgiliana per tre stagioni. Dal Rio Branco RFC al Rugby Mantova alla Nazionale Brasiliana: come si è sviluppata la sua carriera?
Martin è stato uno dei tanti giocatori che mi ha inviato il proprio curriculum. Il primo contatto è stato proprio via email. Quando svolgevo il lavoro di scouting per il Rugby Mantova spesso, oltre al palmares sportivo dei giocatori, ero altrettanto interessato alla storia e agli interessi dei singoli individui. Martin aveva 18 anni, quasi nessuna esperienza e conoscenza di rugby, ma mi piacque molto il suo spirito e il fatto che avesse studiato e viaggiato così tanto fuori dal suo paese nonostante la giovane età. Martin aveva davvero fame di rugby. Nei tre anni 3 anni di permanenza a Mantova gli abbiamo messo a disposizione lo staff e le strutture per allenarsi tutti i giorni. La sua forza di volontà e le sue capacità fisiche hanno fatto il resto. L’esperienza di Martin a Mantova potrebbe ripetersi a Mantova con qualche altro talento brasiliano? Risulta difficile per via delle difficoltà di tesseramento per i giocatori extracomunitari. Staremo a vedere nei prossimi mesi. Di certo il materiale umano e il talento non mancano, come pure l’interesse di alcuni giovani a giocare nel nostro campionato.
Uno sguardo in prospettiva. Come pensi la tua esperienza in Sudamerica possa essere utile al Rugby Mantova?
Ad aprile sarò ad allenare a Buenos Aires per un mese. Potrò imparare molto sia sul piano tecnico che sotto il profilo organizzativo. Gli argentini, per competenza e professionalità nella gestione dei loro club, rappresentano a mio parere un esempio da studiare. Mi piacerebbe poi riportare a Mantova questo bagaglio di informazioni per impostare un nostro modello di club prendendo appunto spunto da chi ha storia ed esperienza.
Nella lista delle “cose da fare” cosa manca prima del tuo ritorno a Mantova?
Oltre alla esperienza in Argentina, vorrei pure allenare qualche mese in Canada. Prima però, non mi dispiacerebbe l’idea di vincere il campionato carioca con il Vitoria!